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IL DECRETO CHE ACCELERA I FALLIMENTI

Con il decreto legge 132/2015 vengono introdotte nuove disposizioni in tema di giustizia civile che modificano le procedure fallimentari, civili, di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria, volte ad accelerare le procedure di fallimento che attualmente si attestano intorno ad una media di 7,4 anni, secondo gli ultimi dati del 2015.

Ciò che emerge da un’analisi del Cerved è la sproporzionata difformità di tempistiche tra le città d’Italia. La provincia che conta il maggior numero di anni per la chiusura di una procedura fallimentare è Siracusa. Il capoluogo siciliano impiega circa 16 anni per portare a termite tali procedure, in netto contrasto con i 3 anni necessari a Trieste. La classifica delle province più lente mostra inoltre come la regione Emilia Romagna sia la seconda in Italia per rapidità nella conclusione degli iter. A Modena ad esempio sono necessari circa 5,5 anni, mentre Ferrara, Reggio Emilia e Rimini intorno a 6. Bologna resta nella media con 7,6 anni per arrivare alla conclusione di un fallimento.

Ad oggi la lentezza delle procedure concorsuali pone un rallentamento alla crescita e allo sviluppo economico. In particolare il livello di efficienza di un sistema giudiziario presenta una relazione diretta con il tasso di natalità e sviluppo delle imprese in quanto, una giustizia che non riesca a far rispettare norme e contratti in maniera efficiente, crea situazioni di incertezza sia per chi vuole aprire un’impresa sia per chi vorrebbe investire in Italia, che non si sente sufficientemente sicuro di vedersi rimborsato il proprio debito in tempi congrui. Per di più le lungaggini burocratiche legate a questi processi si riflettono direttamente sui creditori che devono assorbire la diminuzione del valore attuale netto della liquidazione dell’attivo che, si sa, più si allunga il tempo e più questo si riduce.

Le variabili che più incidono sull’estensione delle tempistiche per la conclusione del processo sono diverse: la mancanza di deposito del bilancio nell’anno precedente l’istanza di fallimento rende complesso individuare l’attivo da vendere (sono ben l’82% del totale) e il numero dei lavoratori interessati (più è alto questo numero, più la pratica diventa complessa).

Il decreto legge introdotto mira dunque ad abbassare i tempi di recupero dei crediti e a dare sicurezza al tessuto economico italiano, riducendo a 2 anni il tempo massimo per la liquidazione dell’attivo, pena la revoca dell’incarico del curatore fallimentare.

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